MALIA D'AUTUNNO

di JOJO


Questa storia nasce senza troppe pretese, è grottesca e surreale, non vuole altro che far sbocciare un sorriso sulle labbra dei suoi lettori, tuttavia, mi scuso fin da adesso, se per caso il mio racconto dovesse urtare la sensibilità di chi preferirebbe una novella classica sui personaggi di Ishinomori, non è mio intento offendere nessuno, vorrei solo regalare, a chi vorrà prestarmi attenzione, una mezz’ora di allegria.
Prego, dunque, il cortese pubblico, di metter da parte pregiudizi e ritrosie per abbandonarsi alla lettura, qui non si leggerà di amori o drammi passionali e nemmeno si leggerà di battaglie spaziali, non sono in grado di render pubblico questo lato del mio pensiero, c’è chi sa raccontare bellissime storie d’amore e di avventura molto meglio di me, io mi presto meglio alla risata, vedetemi come un giullare, un pulcinella un po’ triste, che vi dedica qualche suo momento, perciò, vi saluto con un inchino e do inizio alla mia breve commedia.

MALIA D’AUTUNNO

I Atto
Personaggi:
Joe Shimamura, il giovane mendicante/borsaiolo
Mamma Jojo, la madre
Françoise Arnoul, la ballerina
Great Britain, il cavaliere pelato
Cenerella, la padrona della “casa”
La bella addormentata nel bosco, la “tossica”
Biancaneve, una cortigiana
Belle, un’altra cortigiana
Albert Heinrich, il cacciatore
Jet Link, il boscaiolo
I cinque nani robot
L’asino Clemente

C’era una volta, a pochi passi da un tranquillo vulcano, un giorno qualunque d’autunno, di un anno qualsiasi …

L’autunno sembrava ormai arrivato in quella serata grigia, nulla dell’estate appena conclusa era rimasto nel paesaggio marino che si stagliava aldilà del molo, solo qualche gabbiano che svolazzava libero sul mare inquinato, quasi radioattivo, urlava il suo verso lasciando nei cuori di chi restava ad osservarlo, la malinconia per un tempo ormai passato.
Donna Jojo raccoglieva come ogni sera la merce che aveva esposto sulla bancarella, anche quel giorno la guardia di finanza aveva fatto finta di non vederla, magari davvero non l’aveva vista … la donna era minuta, di più, era piccina come una coccinella anemica, ma aveva tenacia, lei lì al porto ci arrivava in sella ad un vecchio asino, Clemente e ogni mattina percorreva con lui 30 km, partivano alle 4:00 per arrivare alla meta alle 8:00 precise, poi, la donna parcheggiava il somaro da qualche parte, preparava la sua bancarella e svuotava il suo sacco colmo di merce: ciabatte infradito, bracciali di stoffa, orecchini di metallo e sigarett … ehm … (qualche stecca di Camél o di Merìt di contrabbando, che volete, erano tempi duri!), passaporti falsi … ehm … okay, meglio tacere!
Il buon figliolo di donna Jojo, che di nome faceva Joe, un ragazzo biondo, alto, secco come un’alicia disidratata e con uno strano ciuffo ribelle che gli ricopriva ora un occhio, ora l’altro, a seconda dell’inquadratura, raggiungeva la sua mammina verso le 9:00 del mattino; si prodigava il fanciullo per aiutare la sorte sua e quella della sua genitrice, dunque, con affabile gentilezza, o faceva il borsaiolo sugli sgangherati pullman della città o si appostava nei pressi del porto, lì dove i grandi traghetti della SNAV approdavano ogni giorno per vomitare orde di turisti ritornanti dalle isole dell’arcipelago e dunque, chiedeva loro l’elemosina o scippava loro soldi e gioielli, a seconda del bisogno.
Joe, sublime con le sue eleganti movenze da ex galeotto, attendeva, dunque, i turisti dall’aria più agiata e non ce n’erano tanti, mica tutti potevano permettersi la settimana di vacanza a Capri, in ogni caso, al luccicare della prima collana al collo della prima femmina tedesca, il ragazzo si preparava a scattare e “accelerazione”, veloce come uno scooter della Piaggio, sfilava il gioiello dal collo della malcapitata … non è da tutti avere un figlio scippatore con il motorino incorporato.
Orgogliosa del suo figliolo biondo, la piccola madre lo attendeva poco più lontano, seduta dietro alla sua bancarella, con un occhio fisso al porto ed uno alla pattuglia della guardia di finanza che, come sempre, gironzolava da quelle parti.
Donna di rara eleganza, che ebbe nobili natali prima della grande crisi, donna Jojo, ad un certo punto, richiamò a sé il suo pargolo, sollevando il bianco braccio ed intimando con voce raffinatamente acuta:
- ‘A Joeeeeeeeeee! Vien’a cca’! -
Nell’udire tale educato richiamo, il ragazzo ritornò, dunque, dalla madre col suo bottino, mentre un tuono leggero come il boato generato da una bomba al tritolo, echeggiava tutt’intorno.
- Madre, tra poco diluvierà! –
- Tu sei il re delle osservazioni scontate, piccirillo mio! -   rispose la leggiadra madre   - Quanno hai fatto oggi? Cos’hai pigliato? –
- Solo una pallida collana, madre! -   mormorò Joe costernato   - E’ che io vorrei finirla con questa vita, avevo smesso di rapinare molti anni fa … -
- La sarda è secca, bambino mio! Non abbiamo pane! -   lo ammonì la madre indicando le tasche della sua misera gonna
- Ma non potremmo, madre mia, andare a lavorare come tutti? -   si oppose, allora, il ragazzo sollevando le braccia al cielo plumbeo
Donna Jojo si alzò, allora, dalla sua sgangherata seggia … ehm, sedia, e replicò, col tono solenne di chi sta per dire una grande verità:
- Figlio mio, per anni hai fatto il pilota di Formula 1 e Dio ti abbia in gloria, avrei voluto farlo io, sei stato bravo, ti sei rimpiuto le sacche, ma erano altri anni … -
- Mammà, tu ti sei spesa tutto quello che ho guadagnato! -   sussurrò Joe intimorito
- Ho dovuto rifare la nostra baracca! -   si giustificò la madre   - A causa delle piogge dell’anno scorso, il tetto ci era quasi crollato addosso … ricordi la fine che ha fatto la vecchia baracca del nonno? -
Dolce, quasi irreale, Joe posò una mano sulla spalla ossuta della sua mammina, comprensivo e maturo era lui, ricordava le notti insonni passate a guardare le infiltrazioni d’acqua sul tetto dell’amata baracca in cui era cresciuto, ma poi, mentre il fragore di un tuono invadeva il porto ed un sottile vento si alzava a scompigliare i capelli, egli chiese alla donna, in tono accorato:
- Se tu, madre mia, mi dicessi dove io potrei ritrovare mio padre, noi potremmo … -
- Taci, figlio! -   lo interruppe sua madre voltando di scatto il viso da un lato   - Statt’ zitto! Ti raccontai che quel fetente di tuo padre io nun desidero sapere dove sia e con chi sia ora … -
- Almeno il nome, madre! -   la implorò ancora il giovane
- No! -   urlò donna Jojo categorica   - Se je ti dicessi il suo nome … (se io sapissi solo chi di quelli che arrivavano al porto in quel periodo è tuo padre, figlio mio!), perderei la dignindindità! –
- Dignità, mamma! -   la corresse Joe
- Sì, quella lì … la perderei! -   sussurrò donna Jojo, mentre cercava di fare mente locale … molti anni prima, lì al porto, forse un americano, di certo uno straniero, magari un triestino, uno di Pozzuoli, ah … la memoria!!!
- E questi miei tratti somatici un poco orientali … -   provò ad insinuare ancora Joe
- Non ricominciamo, non saccio da dove io vengo! -   rispose, allora, donna Jojo   - Ho cambiato il mio cognome in Shimamura, era strano il mio vero cognome tanto quanto è strano questo e poi … fa più scena, se quanno chiedi l’elemosina tu fai la parte del mezzo sangue giapponese! –
- Ma questa storia che sulla tua carta d’identità ci sia scritto Jun Shimamura, è un falso, mammà! Ed il fatto che a volte ti fingi morta per evitare le cartelle esattoriali dell’Equitalia?!?!? -   protestò ancora il piccolo Joe
- Jun Shimamura è il mio nome d’arte, è un nome onorato … e mi fingo morta per evitare esborsi da parte del fisco, so’ tutti ladri e tu nun protesta’ cchiù, statt’ zitt’! Sennò t’accido! -   concluse con tutto il suo amore di madre, donna Jojo, guardando negli occhi il suo amato bambino, appena un po’ preoccupato che la donna potesse davvero mettere in atto la sua materna minaccia
Il giovane, però, intanto che le prime gocce di pioggia gli ricadevano sul viso, pensò a come poteva essere il mondo lontano da lì, lontano da quel porto, lontano dai cumuli di monnezza seppelliti sotto metri e metri di terra, sui quali erano sorti poi rigogliosi campi di ortaggi e frutta …
- Vai ad accattare ‘ddoje chili di cocozzielli, che stasera li faccio con l’anzogna! -   disse donna Jojo, issandosi il sacco con la merce invenduta sulle spalle
- Madre, le zucchine con il lardo sono indigeste! -   sussurrò Joe portandosi una mano sullo stomaco
- Tu vai dal verdummaro e accatta ‘sti cocozzielli, io intanto vado dall’asino, il povero asino Clemente, che l’aggio parcheggiato in terza fila! -   lo ammonì ancora donna Jojo, onestissima persona
Joe annuì suo malgrado, infine, si avviò verso l’uscita del porto e cominciò a camminare, mentre la pioggia si faceva più fitta, sempre più fitta e il ragazzo camminava sui suoi consunti mocassini, parte integrante della sua uniforme nera da scolaro giapponese, sua madre gliel’aveva imposta, sua madre gli imponeva sempre tutto …

Il buio discese sulla città, l’aria odorava di umido, le pozzanghere si allargavano ai lati delle strade dissestate, ma il traffico si faceva sempre meno intenso, poi cadde il silenzio, nemmeno più la pioggia disturbava, divenne d’un tratto tutto buio e muto.

II Atto

Mancava qualche tocco alla mezzanotte, che il piccolo Joe si ritrovò per una selva oscura … okay questa l’ho copiata, ehm … dicevo … che il giovane e spaurito Joe si era ritrovato a camminare di notte per una strada sconosciuta, se avesse dovuto tornare indietro non avrebbe potuto, non gli funzionava il Tom Tom, non aveva nemmeno aggiornato le mappe, così, il ragazzo camminò ancora per un poco, guardandosi intorno impaurito, ora a destra ora a sinistra, e ovunque vi erano pietre, tante pietre … laviche … nere e grandi … e poca vegetazione …
- C’è qualcuno? -   urlò, allora, fermando di colpo la sua marcia
Una civetta fece echeggiare il suo verso, poi, anche un corvo si volle esibire, ma dopo, di nuovo il silenzio scese ad ovattare le trombe di eustachio
Joe pensò a sua madre, che ormai doveva essere in pensiero, povera donna … disperata, di certo lo stava aspettando col fucile spianato per prenderlo a schioppettate, faceva sempre così quando si preoccupava, era una donna sensibile, tuttavia, il ragazzo non avrebbe saputo come tornare indietro … mannaggia al Tom Tom!
All’improvviso, si udì un lieve cantare provenire da lontano, forse dalla sommità del monte che si stagliava minaccioso verso nord (uhmmm …), poi, apparvero all’orizzonte degli omuncoli buffamente vestiti, con delle asce appoggiate sopra una spalla, che camminavano cantando “Andiam andiam … “, Joe rimase ad osservarli per un attimo, sperò che potessero dirgli dove fosse finito, così, fece per dire qualcosa, ma quelli seguitavano a camminare “Andiam, andiam … “ cantavano ancora: e jamm’ Joe, seguili!
Il ragazzo, dunque, li seguì, il vento autunnale sferzava il viso, eran troppo leggeri i suoi abiti mezzo rattoppati, poi, la fila di omuncoli buffamente vestiti si fermò davanti alla porta di legno di una casina piccina piccina, Joe si sorprese che non vi fosse traccia di infiltrazioni d’acqua, quante ne aveva viste lui nei suoi diciott … ventidu … quarant … insomma, da quando era venuto al mondo!
Cosa fare, bussare o scappare? Sarebbe stato poi corretto disturbare il padrone di casa a quell’ora? Ma Joe era stanco, aveva fame e freddo, forse sonno, così, attese che il capofila del gruppo di nani buffamente vestiti, aprisse la porticina e si mise in coda per entrare.
Fu magia, fu un prodigio, fu colpa dell’Imu, fatto stà, che appena varcò la porticina, Joe si ritrovò in un ampio salone pieno di luci e suoni, impossibile che tutto quello spazio fosse contenuto nella casupola che aveva visto poco prima e stava per uscire a controllare di nuovo, quando una deliziosa ragazza bruna, dalle guance rosse e dalla pella bianca come la neve, seguita da uno stuolo di uccellini azzurri e vari scoiattoli verdi, lo raggiunse in fretta, dicendo:
- Benvenuto, bel giovane! –
- No, io … io … -   balbettò il ragazzo imbarazzato  
- Non esitare, sei tra amici! -   lo incitò ancora la deliziosa donzella, che lo prese per mano e lo trascinò verso il centro della sala
La musica di un organino rallegrava l’ambiente, una folla di persone ballava festosa facendo il trenino, Joe trattenne il fiato, lui tutto quel frastuono l’aveva udito solo durante la sagra della cozza di Santa Maria Capua Vetere, mai aveva visto tanto fragore in una casa, e figuriamoci, la baracca dove viveva con sua madre era minuscola, lui stesso dormiva in un giaciglio fatto di paglia e fieno in cucina, poiché non poteva avere una stanza tutta sua, così, quelle luci che spiccavano dagli enormi lampadari appesi al soffitto e tutto quel lusso, gli parvero qualcosa di magico, ad ogni suo passo le scarpe affondavano nel soffice pelo dei tappeti persiani, ovunque vi erano drappi di velluto e oggetti d’oro, deformazione professionale, gli venne voglia di rubarne un po’, ma la donzella bruna lo invitò a ballare e si unirono al trenino, di corsa in cerchio, e giravano, giravano … giravano …
Un’altra ragazza, castana stavolta, lo raggiunse festosa, al suo fianco vi era un bestione, non un uomo grosso, era proprio una bestia enorme e sembravano felici, Joe, allora, chiese loro:
- Dove mi trovo? –
- Questa è la casa della sora Cenerella! -   gli rispose la ragazza castana, parlando a voce alta per farsi udire in tutto quel trambusto
- E’ la casa di sua sorella, miss? -   le chiese ancora Joe, equivocando
La ragazza rise scuotendo i morbidi capelli, poi, scappò via col bestione, su per le immense scale in marmo che si erigevano al centro del salone.
Joe si staccò, allora, dal trenino, si guardò intorno, fece dei passi, adesso ne aveva abbastanza di quel chiasso, dunque, cercò di trovare un posto per star tranquillo, ma una voce lo fece sussultare:
- ‘A bello, che staje a fa’? –
Joe sollevò lo sguardo, notò una figura filiforme davanti a sé, era una ragazza, aveva forse la sua età, sembrava sicura di sé, aveva l’espressione sfacciata ed era vestita in modo grottesco, con dei grossi mutandoni bianchi che sporgevano da sotto l’ampia gonna di raso viola.
- Io mi chiamo Joe, mi sono perso! -   disse, allora, il ragazzo, cercando di apparire disinvolto
La ragazza lo squadrò da capo a piedi portandosi una sigaretta alle labbra, ne aspirò una boccata di fumo e rispose:
- C’hai addosso ddu’ stracci, ma sei carino! Che, te andrebbe de lavora’ pe’ me? –
- Un lavoro? -   si sorprese Joe
- Sì, te metto a fa’ er terzo incomodo, ‘a ggente è strana! -   rise la ragazza, mentre il fumo le usciva dalla bocca
- Vede miss … ehm, signorina, io dovevo andare a comprare dei cocozziell … ehm, delle zucchine per mia madre, ma mi son perso … mi saprebbe indicare la strada per tornare a casa? -   provò a spiegare Joe con tutta l’umiltà che riuscì a sfoderare
- Ma voj torna’ da tu’ madre? -   rise la ragazza sguaiata   - Qui ce sta er Paradiso, fijo mio! Ce semo tutte, Biancaneve, Belle, ‘a bella addormentata … -
- Ma come mai la casupola che si vede fuori diventa poi … -   provò a chiedere Joe, allargando le braccia a dismisura
La ragazza si sistemò l’elastico delle mutande e rispose dopo un attimo di pausa:
- E’ pe’ via der fisco! Nui dichiariamo 2 vani più servizi, ma poi dentro … ce semo capiti? E’ n’impresa porta’ avanti ‘na baracca così … e poi, mò so’ pure illegali! –
- Ci fate il contrabbando qui dentro? -   si meravigliò Joe   - Mia madre è una maestra nell’arte del contrabbando! –
- No, nuj qui nun famo er contrabbando! Se fa de meijo! -   rise la ragazza agitando la sigaretta a mezz’aria
Joe si guardò intorno, non capì, così, tornò a guardare la ragazza e le chiese:
- C’è qualcosa di meglio del contrabbando di ciabatte? –
- ‘A rega’, ma tu sei scemo pe’ davvero! -   rise ancora la ragazza   - Comunque, io mi chiamo Cenerella, prima facevo le pulizie da mi’ madre … la matrigna, ‘na grande bastarda, lei e le ddu’ sorellastre! Poi, ho fatto un buon matrimonio, mi’ marito è scappato poi col suo vassallo e io gli ho chiesto il mantenimento! Co’ gli alimenti che me paga, ho aperto ‘sta casa … -
Joe, sgranando gli occhi castani, esclamò:
- Si è data da fare! –
- E direi, caro mio! -   rispose Cenerella   - Me diverto pure io e ci ho assunto anche le altre, Biananeve, Belle … Aurora, ovvero, ‘a bella addormentata, è ‘na tossica, lei e i fusi avvelenati, sì, ma ci ha pigliato gusto lei e ‘sto veleno, comunque, alla cassa ci ho messo Crudelia Demòn che era vecchia pe’ fa’ ‘sto mestiere! –
Joe sollevò lo sguardo per guardarsi di nuovo intorno, infine, mormorò:
- Sono giunto qui grazie a 5 omini … -
- So’ robot! -   gli spiegò Cenerella serafica   - Prima erano 7, mò co’ ‘a crisi so’ diventati 5! Nun se ponno mentene’ 7 robot in ‘sti tempi bui, fijo mio! –
- Anche io sono un robot, cioè, sono un mezzo robot … è scioccata? -   si confidò Joe con molta ingenuità
Cenerella esplose in una fragorosa risata e rispose:
- No, pe’ nulla! Ci ho ddu’ lavoranti mezzi robot … saibòrg, uno fa er boscaiolo e l’altro er cacciatore, brava gente! –
Joe si rallegrò nell’apprendere che in quel posto c’era qualcuno come lui, così, pensò che restare lì poteva essere un’idea, ma l’immagine della sua povera madre che imbracciava il fucile, lo riportò alla realtà, dunque, disse serio:
- Vorrei tanto, miss Cenerella, restare qui con voi, ma devo tornare da mia madre, ella mi starà aspettando disperata! –
- Sei scemo, ma t’ammiro! -   gli disse, allora, la sora Cenerella   - E sia, domani ti aiuterò a torna’ da tu’ madre, ma pe’ stasera resta co’ noi, che tra poco c’è er ballo de la francese! –
- Una ballerina? -   chiese Joe sorpreso
- Diciamo così … prima era onesta, poi a furia de’ completini sexy … -   insinuò Cenerella  
In quel mentre, un fragoroso applauso fece voltare Joe di scatto, poi, dalla sommità delle scale apparve una figura eterea, bionda, con indosso un lungo abito rosso scarlatto.
Il giovane mendicante rimase a bocca aperta, mai aveva veduto donna più bella, così, si avvicnò alle scale, si fece largo tra la folla, la ragazza, intanto, cominciò a scendere i gradini uno ad uno, era in perfetto equilibrio sugli alti tacchi delle scarpe, quando arrivò a pochi passi da Joe, questi pote’ sentire il suo profumo e non era la lavanda Cannavale che usava sua madre, ma qualcosa di delizioso, fruttato, forse magico …
La ragazza si mosse tra la folla con eleganza, poi, le sue mani si sollevarono in aria e tra l’ammirazione di tutti i presenti, cominciò una danza soave, su quelle gambe lunghe ed affusolate, Joe rimase attonito, la fissava sbalordito, poi, cercò di avvicnarsi a lei, le avrebbe detto qualsiasi cosa, tanto era grande l’amore che già provava per lei, ma qualcuno lo afferrò per un braccio bloccandolo di colpo, fece per voltarsi, allungò una mano per divincolarsi, avvertì però una fastidiosa puntura ad un dito e dopo … perse i sensi!

III Atto

Era ancora notte, quando Joe rinvenne e si rese subito conto di non essere più nel grande salone, forse aveva sognato tutto, dunque, si sollevò a sedere e cercò di mettere a fuoco la stanza in cui era, avvertì il morbido tocco delle lenzuola di seta sulle quali aveva riposato fino a quel momento, era senza vestiti, dov’erano finiti i suoi stracci?
- Ben svegliato, amico mio! -   lo salutò una voce femminile
Joe sussultò, guardò dritto davanti a sé e la vide: una fanciulla bionda dai lunghi capelli, avvolta in una sottoveste celeste, lo stava fissando con un pallido sorriso, era smunta, aveva gli occhi lividi, ma sembrava gentile.
- Dove sono miss? -   sussurrò Joe sollevandosi il lenzuolo fino al collo con molto pudore
- Sei nella mia stanza! -   rispose la giovane   - Mi chiamo Aurora … ti sei punto con un fuso e sei caduto addormentato, è stata colpa mia! Sai, ne avevo uno in mano e quando mi sono avvicinata a te … be’, sfortuna ha voluto che finissi per pungerti! –
- Sì, ma io cosa ci faccio qui in questo letto? -   si preoccupò Joe
- Dunque, tu non … davvero non … -   parve sorprendersi Aurora incredula
- Non so, ero nel salone e stavo guardando la ballerina! -   cercò di spiegare il giovane
Aurora fece un mesto sorriso, si sedette ai bordi del letto, sospirò e mormorò:
- Ah, la francese! Sì, lei è molto bella! Tutti la guardano qui … anche a me un tempo guardavano così, ma poi, quei fusi, quei maledetti fusi! Se n’è scappato anche il mio ‘moroso a causa di quel dannato vizio! –
Joe la guardò con molta pena, cosa davvero volesse dire quella giovane non lo capiva per nulla, ma era stata gentile a portarlo in quel letto dopo che aveva perso i sensi, così, le disse:
- Miss Aurora, le sono grato per la sua gentilezza … è vero, la ballerina era molto graziosa, ma anche lei lo è! –
- Lo pensi davvero? -   si sorprese la giovane
- Sì, davvero! -   rispose Joe con garbo
Aurora gli sorrise, di certo più tardi si sarebbe volontariamente punta con un altro fuso, adorava cascare addormentata come una pera secca, tuttavia, in quel momento si sentiva felice, così, disse:
- Puoi tornare giù in salone, lì potrai ritrovare la tua ballerina! Qui ci sono i tuoi vestiti! –
Gli porse i suoi miseri stracci, Joe li afferrò grato, poi, la giovane uscì dalla stanza e lui poté così rivestirsi con calma.

Tornò, dunque, nel salone, lì la festa era ancora in pieno svolgimento, percorse le lunghe scale, cercò con lo sguardo la sua ballerina, ma non la vide.
- Oh, sei tornato! -   lo apostrofò la voce della sora Cenerella apparendo dal nulla
Joe trasalì, la guardò e le chiese:
- Quanto tempo è passato? –
- Qui er tempo non ha senso! -   rispose la ragazza   - Dopo la mezzanotte, ora a me molto cara, qui er tempo svanisce! Se fa casino fino a che c’è voglia! –
- Allora, ho ancora tempo per rivedere la francese? -   si rallegrò Joe come un bambino
- Se la trovi … sì! -   rise Cenerella, per poi sparire di nuovo, ingurgitata dalla folla
Joe non se lo fece ripetere, cercò di nuovo con lo sguardo la ballerina, desiderò rivedere i suoi capelli dorati, desiderò risentire il suo dolce profumo, ma c’era troppa gente, troppa ressa di umani, mostri, uccellini, scoiattoli e mobili danzanti, di lei, però, non vi era più traccia.

Intanto, la ballerina, dolcissima fanciulla, se ne stava affacciata ad una delle finestre a rimirare il panorama notturno, quando un uomo sulla quarantina, pelato e benvestito, si diceva fosse inglese, le si avvicinò porgendole un flute di champagne, dicendo:
- Le nostre notti eterne brillano come i tuoi occhi chiari, Françoise! –
- Han forse queste notti una malìa diversa ogni sera, mio buon cavaliere? -   sussurrò lei, prendendo delicatamente il flute tra le dita affusolate
- E’ il soave tuo danzare che regala una malìa diversa ogni notte, mia stella! -   rispose lui   - La tua danza è come un dolce vibrar di corde di violino, mia stella! –
- Sei un adulatore! -   ridacchiò Françoise
Il cavaliere pelato le sorrise, bevve un sorso di champagne dal suo flute e stava per dire qualcos’altro, quando vide passare a pochi metri da loro un ragazzotto biondo, spaesato, dunque, commentò sarcastico:
- La sora Cenerella apre le porte a troppe persone da un po’ di tempo a questa parte! –
Françoise si voltò per seguire la direzione dello sguardo del cavaliere pelato e scorse finalmente la figura di Joe, il cuore le fece un sussulto nel petto, mai aveva veduto ragazzo più bello, anche se vestito di stracci, anche se spaesato.
- Chi sarà mai quel giovine? -   chiese poi, a mezza voce
- Vallo a sapere! -   sbottò il cavaliere pelato   - Stai a vedere che lo ha portato qui la tossica! –
Françoise osservò ancora il giovane sconosciuto, poi, pose il flute sul davanzale della finestra e, senza più riflettere, corse verso Joe, i tacchi delle sue scarpe facevano rumore, un rumore trafelato e ritmico, che il cavaliere pelato ascoltò come fossero colpi di martello sul suo ego massacrato.
- Ehi, tu! -   chiamò Françoise rivolta a Joe
Lui si bloccò di colpo, la cercò con lo sguardo, poi, la vide ed incredulo sorrise.
- Chi sei, dimmi il tuo nome! -   lo supplicò quasi lei
- Joe è il mio nome, ma ora bramo conoscere il tuo! -   rispose lui andandole incontro
- Françoise! -   mormorò lei ed allungò le mani per afferrare quelle di lui
Le loro dita si sfiorarono, un tocco leggerissimo, casto, ma poi, si ritrovarono stretti in un passionale abbraccio, un folle gesto d’impeto, cominciarono a baciarsi, incuranti di tutto presero anche a sbatacchiarsi contro le pareti, diedero delle craniate mostruose da prognosi riservata, finchè … nella casa non scese un buio improvviso.
- E chesta è ‘a sora Cenerella che nun ha pagato ‘a bolletta dell’Enèl! -   disse qualcuno incazzato come un totano nella rete di un pescatore
- Calmi, calmi! E’ solo scattato il contatore! E’ a basso voltaggio, per risparmiare! -   spiegò Biancaneve per trarre fuori d’impaccio la sua datrice di lavoro
Françoise si allontanò, allora, da Joe, lei sapeva dov’era il contatore e voleva riattaccare la corrente per seguitare a sbatacchiarsi col suo nuovo amore per tutta la notte, dunque, corse verso il quadro elettrico posto in fondo alla sala, ma non si accorse che anche qualcun altro aveva avuto la sua stessa idea: il cavaliere pelato.
Forse fu un fulmine, forse un semplice contatto elettrico, fatto fu, che appena i due ebbero posto le loro mani sull’interruttore, una scarica ad alto voltaggio li percorse nello stesso momento, facendoli sobbalzare.
La luce tornò nella casa e i due fecero un po’ di fatica a riaversi dal colpo preso, però, ansiosa di tornare da Joe, Françoise sollevò il capo e corse da lui ansimando di gioia.
Joe, però, quando la vide sopraggiungere così di corsa, si voltò per fissarla, fece una strana espressione e le disse:
- Anche voi siete ospite qui? –
- Joe, cosa fai, mi dai del “voi”? -   rise lei divertita
- Come mai conoscete il mio nome? -   si preoccupò lui
- Ma se fino a 10 minuti fa avevi le mani nella mia scollatura? -   rise ancora lei
Joe scosse la testa, sembrava sdegnato, fece qualche passo indietro, poi, si voltò e si allontanò.
Françoise si portò una mano sulla bocca, avrebbe voluto piangere, non capiva il motivo di tanto sdegno da parte di Joe, poco prima si erano quasi fracassati il cranio insieme ed ora …
- Françoise! -   la chiamò una voce a lei familiare, anche troppo
Si voltò di scatto, vide se stessa andarle incontro, pensò ad un incantesimo, sai che novità in un posto come quello popolato da ex pricipesse delle fiabe, ma trasalì, quando udì se stessa dire:
- La scossa elettrica! Ci siamo scambiati il corpo! –
- Il cavaliere pelato? -   sussurrò Françoise, ricordando quando era corsa con lui verso il generatore di corrente
- Sì, io … -   eistò lui/lei, toccandosi incredulo il seno, per poi arrossire di colpo
- Non mi toccare, cioè, non ti toccare! -   si arrabbiò Françoise
Il cavaliere pelato mise subito giù le mani, poi, sconcertato, disse:
- E se avvertissimo la fata madrina? –
- Lo sai che quella arriva sempre a festa conclusa! -   si preoccupò Françoise
- Ed ora? -   piagnucolò il cavaliere pelato
La giovane si mise a riflettere, infine, rispose seria:
- Propongo di non rivelare a nessuno ciò che è successo! Ti chiedo solo di cercare Joe, il giovane forestiero … non deve credere che lo abbia abbandonato così, senza una ragione! Vai da lui, ti prego … -
- Oeh, per chi mi hai preso?! -   si sdegnò, però, il cavaliere pelato
- No, dicevo solo di cercare di farlo restare … di non farlo andar via, oh, aiutami! -   si disperò Françoise
Il cavaliere pelato parve perplesso, ma poi, disse arreso:
- Va bene, ma tu fammi onore! Cercherò il tuo Joe, dopo, comunque, dovremo trovare una soluzione! –
Françoise annuì, gli fece poi cenno di raggiungere Joe, ora fermo accanto al tavolo del buffet e l’uomo, dopo aver tratto un profondo respiro, si diresse spedito verso di lui, mentre cercava di camminare in equilibrio sui tacchi a spillo.
Joe, vedendolo/a arrivare, le sorrise, prima di dirle:
- Credevo fossi andata via! –
- No, io … uuuh! -   fece il cavaliere pelato parlando con voce eccessivamente acuta   - Io … uuuh … ero andata al bagno! –
- Prima è stato bellissimo … io lo rifarei anche ora … -   disse Joe, cercando di toccare quella che credeva Françoise
Lui/lei, però, lo minacciò con voce improvvisamente baritonale:
- Giù le mani, cretino! –
- Cosa? -   si sorprese Joe
- Volevo dire … non così … cret … ehm, picciuino! -   si corresse il cavaliere agitando la mano con troppa enfasi
Joe lo fissò sbigottito, non è che ci capisse molto, poco prima lei lo aveva acceso come una moka in ebollizione ed ora lo allontanava così?

Intanto, Françoise/cavaliere pelato cercava con ogni mezzo di rendersi invisibile, guai se qualcuna delle ospiti l’avesse avvicinata, tuttavia, Biancanene e Belle la raggiunsero in poco tempo, ridendo come due stupide
- Raccontaci una delle tue barzellette, pelatone! -   la incitò Belle
Françoise non ne sapeva nessuna delle barzellette del cavaliere, sapeva che era un uomo ironico, ma non si era mai fermata ad ascoltare le sue storie, così, rispose:
- Stasera raccontatele voi! –
- Uh, e facci contente! -   sussurrò Biancaneve, che nel frattempo era stata raggiunta dai suoi uccellini azzurri che le svulazzavano intorno festosi
Françoise respirò profondamente, si schiarì la voce ed emise appena un flebile suono, quando il cacciatore Albert e il boscaiolo Jet apparvero all’improvviso.
Loro, uomini veri, che dicevano tre brutte parole in ogni frase e che avevano la fatica scritta sugli abiti lerci, la raggiunsero immediatamente, facendo dei chiari apprezzamenti verso Belle e Biancaneve, che sparirono offese.
- Ora fanno le contesse quelle due! -   rise Jet sardonico, mentre si accendeva una sigaretta
Françoise si irrigidì, non sapeva come gestire quell’intrusione improvvisa, sarebbe stato meglio dire le barzellette a Belle e Biancaneve, pensò affranta!
- Ehi, pelato! -   la chiamò Albert affettando del salame con la lama della sua mano bionica   - Ha ballato stasera quella sventolona della francese? Non sai cosa le farei a quella … -
- Ehi, ci sono prima io! -   si intromise Jet sputando in terra   - Lo sai che me la sto filando da mesi … mizzica quanto è bella! –
Françoise si trattenne a stento dallo schiaffeggiare tutti e due, quei bifolchi senza educazione, ma restò in silenzio per non svelarsi.
- Tu che le faresti, eh, pelatone? -   la provocò, però, Jet
- Mmm … io … -   esitò Françoise
Albert rise di gusto e disse:
- Ora fai il timido, ma io lo so che le hai messo una web cam nascosta nella sua stanza … depravato! –
Françoise trasalì, altro che cavaliere, quel porco di un pelato britannico, pensò schifata, poi, arrossendo di collera, disse:
- Siete tutti dei maiali! –
- Oh … oh! -   la sbeffeggiò Albert  
Jet le diede uno spintone, Françoise avvertì la collera farsi insopportabile, odiava loro ed odiava il cavaliere pelato, rimpiangeva la purezza del suo Joe, venuto dal nulla e tanto, tanto dolce …
- Scommettiamo che stasera mi ci corico io con la francese? -   disse Jet sicuro di sé   - Quella fa la ritrosa, ma poi … -
Françoise si drizzò sul busto, cercò di recuperare la calma, lei era una ragazza remissiva e delicata, lo dicevano tutti, tuttavia, quei due cafoni avevano passato il segno, così, si allontanò un attimo per andare a prendere una certa laser-gun che si era ripromessa di non usare mai più, soprattutto nei momenti di collera, ma poi, ci ripensò e vide delle belle bottiglie di champagne sul tavolo del buffet, così, se ne fece stappare due, si fece consegnare i tappi di sughero … tornò da Jet ed Albert e …
Ora, immagino che nemmeno possiate immaginare quanto possano essere minacciosi dei tappi di sughero, capisco che senza una narrazione sia complicato anche solo pensare a come Françoise possa vendicare il suo onore con ‘sti tappi di sughero, ma credetemi, la donzella li utilizzò in modo intelligente, la pistola laser sarebbe stata troppo scontata … banale, invece, il sughero …

Mentre, a pochi passi da loro, si consumava il dramma di Jet il boscaiolo e Albert il cacciatore, Joe cercava ancora di capire cosa fosse preso alla bella ballerina, che ora sembrava disarticolata e sgraziata come un orango in agonia, forse era matta o forse …
- Io e te, prima … -   le disse, dunque, titubante   - ci siamo quasi … cioè, mia mamma me lo ha spiegato … l’ape sul fiore, mi ha fatto pure i disegnini … -
Il cavaliere pelato lo guardò interdetto, non aveva nemmeno idea di cosa dirgli, ma pur qualcosa doveva inventarsi, così, rispose:
- Magari ho bevuto troppo! –
- E quando? -   si sorprese Joe
- Prima … molto prima! -   cercò di svicolare il cavaliere pelato
Joe corrugò la fronte, quella che lui credeva essere Françoise era così diversa ora, pensò osservando il modo orribile che aveva ora di accavallare le gambe.
La vera Françoise, intanto, raggiunse i due a grandi passi, era imbufalita, così, fece cenno al cavaliere pelato di seguirla, lui si morse un labbro incerto, lei si passò una mano da una parte all’altra del collo, come a dirgli che gli avrebbe tagliato la gola se non l’avesse seguita, dunque, all’uomo non restò che obbedire.
Joe fissò la scena ed affranto si disse che avrebbe dovuto ascoltare i saggi consigli di sua madre: non avrebbe dovuto fidarsi di una sconosciuta … dato che ora questa stavaandando con un altro uomo su per le scale, lì dove c’erano le camere da letto!

Ma la situazione era ben diversa, perché Françoise ed il cavaliere pelato non si erano certo allontanati per dar craniate amorose al muro … i due avevano altro di cui discutere!
- Maiale, pezzentone, come hai potuto nascondere una web cam nella mia stanza? -   ruggì, difatti, la giovane, appena ebbe chiuso la porta della sua stanza, dopo avervi spinto dentro il cavaliere pelato.
Lui sbiancò, prima di balbettare:
- Era solo un gioco! –
- Ah, sì? -   sbottò lei   - Chissà come te la stai godendo ora nel mio corpo! –
Il cavaliere pelato non poteva certo dirle la verità, arrossì ciò nonostante,  ma voltò il viso per nascondere le guance, poi, cercò, con una manovra degna di Fernando Alonso, di cambiare discorso:
- Quel ragazzo, Joe … è cotto di te! Mi fa pena, lui vorrebbe abbracciarti e fare tutto il resto, dobbiamo trovare una soluzione al più presto! –
- Sì, ma quale? -   si disperò Françoise
Il cavaliere pelato scosse il capo, poi, illuminato da un’improvvisa idea, corse verso il bagno, aprì il rubinetto della doccia, si tuffò sotto il getto ed urlò raggiante:
- Forse l’acqua! In qualche fiaba funzionava così! –
Françoise alzò gli occhi al cielo: il cavaliere si era confuso con un anime degli anni 80, altro che fiaba, pensò seccata!
Lui, frattanto, si stava passando le mani sul corpo in attesa della trasformazione, ma poi, sentì le curve di lei sotto le sue dita, era in fondo molto bello stare nel corpo di una ragazza così attraente, però, dovette smettere di far le sconcerie, quando lei, che ora aveva le fattezze di lui, apparve nel bagno per guardarlo con occhi di fuoco.
- Mi spiace, io … stavo solo … -   balbettò, allora, lui, richiudendo lentamente il rubinetto della doccia
Françoise gli fece cenno di tacere, ogni altra parola l’avrebbe resa ancora più furiosa, infine, uscì dal bagno e si mise a riflettere, mentre il cavaliere la raggiungeva poco dopo, imbarazzato e bagnato fradicio.
Faceva freddo, così, pensò di spogliarsi, si era gettato sotto l’acqua con tutti i vestiti, che sciocco che era, dunque, si calò una delle spalline del vestito e, oooooooh che piacere, calò l’altra spallina e, uuuuuuuh che piacere, stava per calarsi del tutto l’abito, quando Françoise afferrò la sua laser gun, che sempre teneva sul comodino accanto al letto (non si sa mai … ) e il suo corpo stecchito, che ora apparteneva a quel depravato, cadde in terra semimorto.
In lacrime, poi, la giovane scappò via dalla stanza, com’era doloroso cedere a quegli impulsi violenti, ma molto di più era orribile dover restare in quel corpo odioso, come avrebbe potuto sbatacchiarsi di nuovo col suo Joe così conciata?!!
In quel mentre, apparve la Fata Madrina che, grazie al suo magico potere, sapeva vedere la sua vera anima aldilà del suo corpo e, dunque, la riconobbe:
- Piccola, come sei ridotta? –
- Oh, Fata Madrina! -   gemette lei cadendo in terra in ginocchio
La fata le svolazzò intorno, mentre le chiedeva:
- Una malia? Un sortilegio? –
- Uno sbalzo di corrente! -   spiegò Françoise in lacrime
La fata, allora, sollevò la sua bacchetta magica
- Bibidi … bod … bududu … -
Françoise smise di piangere, attendendo il prodigio.
- Bidu … bidon … -   cercò di ricordare la Fata Madrina   - bunda … bode … -

Esausta, stanca, incazzata come mai prima di quel momento, Françoise si sollevò in piedi, afferrò la bacchetta magica della fata e, senza dire alcuna formula magica del cavolo, si ritrasformò in se stessa.

IV ATTO

Joe era stanco di quel posto, voleva tornare a casa, non sapeva nemmeno che ora fosse, magari era già l’alba e pensò a sua madre da sola, lì nella loro nuova baracca, così, guardò verso la sala, gli invitati ancora facevano festa, Biancaneve stava ballando la “Macarena” accompagnata dai suoi uccellini azzurri ed anche da un paio dei suoi scoiattoli verdi, ai quali ora si stavano aggiungendo i topini di Cenerella, quando, come una visione, Françoise apparve da lontano.
- Tu? -   sussurrò Joe sbalordito
Lei annuì, il peggio era passato, pensò, poi, gli corse incontro, c’era da sbatacchiarsi fino al giorno dopo!
La Fata Madrina arrivò nel salone sorridendo felice, ma quanto avrebbe voluto ricordare quella maledetta formula magica …
- Bid … da … -
Joe e Françoise si lanciarono l’uno tra le braccia dell’altra, ripresero a dar testate contro le mura, sembrava un balletto, una danza, mentre nella sala cominciava il ballo “La bomba” …
Para bailar esto es una (bomba) …

   - Bibid … aaaaaaaaaaaah! -
Un movimiento muy sexy …
- Bibbidi … -
Una mano en la cabeza …
- Bobbidi … -
Una mano en la cintura …
- Bù! –
Así, así, así, así …

I goccioloni di pioggia ricadevano grossi come patate sul viso di Joe, che aprì gli occhi ritrovandosi di nuovo sulla strada, lì dove aveva creduto di vedere la casina piccina, che poi nascondeva quel salone immenso e la bellissima ballerina bionda.
Era stato tutto un sogno, pensò, anche se il male alla testa lo sentiva per davvero, tuttavia, ora era bagnato fradicio, stava piovendo a dirotto ed era ancora buio pesto.
- Figlio mio! Core mio! -   urlò una voce alle sue spalle
Il ragazzo si voltò di scatto, cercò nell’oscurità la fonte di cotanta voce familiare, poi, udì il ragliare dell’asino Clemente.
- Mammà! -   urlò Joe al settimo cielo
Donna Jojo scese dal somaro e raggiunse correndo il suo bambino, che si era perso, ma che ora poteva tornare a casa con lei
- Core ‘e mammà! -   pianse la donna   - Eri sparito, pe’ ddoje cocozzielli fetenti! –
- Sapissi, mammà! -   gemette Joe   - Mi sono perso … ma c’era una casa … tante donne … -
- L’acqua ti è andata nei circuiti, bell’e mammà! -   lo consolò donna Jojo   - Mò jammo a casa che è tardi! Stanotte durmimmo al porto! –
Joe annuì e seguì docilmente sua madre ed il somaro, ad un certo punto, però, chiese alla donna:
- Che ore sono, mammà? –
- Manca quacche tocco alla mezzanotte! L’ora delle malie, bello di mammà! –   rispose lei sorridendo
Il ragazzo si rese così conto che il tempo davvero si era fermato, così come aveva detto la sora Cenerella, dunque, magari tutto era successo per davvero, forse anche Françoise esisteva, da qualche parte, in qualche posto, in qualche anno … in qualche tempo!

 

Si conclude così la mia novella, per la quale devo ringraziare la dolcissima Ellen80, che mi ha suggerito una parte della trama, ovvero, quella dello scambio dei corpi tra Françoise e Bretagna ed un grazie anche alla piccola Cyborg angel, che mi suggerì l’idea di inserirvi anche le principesse Disney.
Spero di non avervi deluso e come diceva il grande Totò, mio concittadino, nell’atto conclusivo della commedia “Miseria e nobiltà”:  “Torno nella miseria, però non mi lamento: mi basta di sapere che il pubblico è contento!”
Buonanotte a tutti!
Jojo

© 08/09/ 2013

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